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lunedì 28 marzo 2016
Diabete, ecco il cerotto che rilascia cellule beta: potrebbe sostituire le iniezioni
venerdì 15 agosto 2014
Ecco perché Superman viola le leggi della fisica
Super velocità, super forza, sguardo laser e la capacità di volare, eppure la caratteristica di Superman veramente impossibile sarebbe un’altra. O meglio, a essere fisicamente impossibile sarebbe proprio la fonte dei superpoteri dell’Uomo d’acciaio: la capacità delle sue cellule di assorbire l’energia del Sole. A scoprirlo è stato un gruppo di studenti di fisica della University of Leicester, che in un articolo apparso sul Journal of Physics Special Topics ha calcolato la quantità di energia che Superman potrebbe ricavare dalla luce della nostra stella, arrivando alla conclusione che la versione raccontata nei fumetti della DC violerebbe la legge di conservazione dell’energia.
Facciamo però un passo indietro. Per chi fosse (colpevolmente) all’oscuro della genesi dei poteri di Superman, ecco il retroscena. È in realtà Kal-El, figlio di Jor-El, uno scienziato del pianeta Krypton, che lo ha inviato sul nostro pianeta prima che il loro mondo d’origine fosse distrutto da una violenta esplosione. Perché proprio la Terra? Perché il Sole, la nostra stella, emetterebbe particolari radiazioni elettromagnetiche, capaci di donare poteri semi divini all’organismo di un kryptoniano, e di renderlo praticamente invincibile.
martedì 5 agosto 2014
Un display che corregge la vista
I ricercatori del MIT Media Lab lavorano a un display in grado di adattarsi alle capacità visive di ogni utente, una tecnologia che unisce l'uso di hardware 3D e algoritmi software personalizzabili sulla base delle diverse esigenze, nell'obiettivo di eliminare la necessità di adottare occhiali o lenti a contatto quando si guarda ad un monitor digitale.
Gordon Wetzstein, uno dei ricercatori impegnati nel progetto, esemplifica gli effetti della nuova tecnologia parlando di occhiali da vista che, in certo senso, vengono integrati direttamente all'interno del display e non necessitano più dell'uso di supporti esterni.
I pannelli solari diventano spray
Se vi fossero dei pannelli solari su ogni tetto potremmo fare a meno del petrolio, almeno di quello necessario per generare corrente. L’energia è importante anche per alimentare i nostri dispositivi. Ormai ne abbiamo a decine in casa.
A tal proposito si vocifera dell’uso di pannelli solari nei prodotti di Apple. Un sogno che attualmente non ha dato soluzioni tangibili. Una soluzione potrebbe arrivare da una ricerca dell’University of Sheffield, dove alcuni ricercatori hanno realizzato dei pannelli solari spray.
Sfruttando il perovskite, una sorta di calcio di ossido di titanio, si può spruzzare del liquido su una superficie e trasformarla in pannello solare. La soluzione del pannello solare liquido non è nuova. Già in passato ci avevano provato, ma con un’efficienza di appena l’1%.
giovedì 31 luglio 2014
Ebola, tutto quello che c’è da sapere sulla peggiore epidemia della storia
(immagine: Corbis Images)
È salito ormai a più di 1.200 infezioni e 672 vittime il bilancio di quella che è stata definita la peggior epidemia di Ebola della storia. Aumenta inoltre il numero di paesi africani raggiunti dal virus: dopo Sierra Leone, Guinea e Liberia, ora anche la Nigeria deve fare i conti con la malattia. Patrick Sawyer, un cittadino liberiano atterrato lo scorso 20 luglio nella città di Lagos mostrando i sintomi del contagio è infatti deceduto venerdì scorso, e ora si teme per la possibile diffusione del virus in quella che, con oltre 21 milioni di abitanti, è la più grande città africana. Ma perché ebola fa tanta paura? Il problema è che si tratta di una malattia estremamente letale e contagiosa, per cui mancano ancora terapie o vaccini efficaci.
I sintomi.
Ebola è un virus che causa una febbre emorragica. Inizialmente la malattia si presenta con sintomi comuni, come febbre, dolori muscolari, debolezza, mal di testa, mal di gola, vomito e diarrea. In pochi giorni però i pazienti peggiorano, mostrando forti sanguinamenti sia interni che esterni, che possono eventualmente portare al decesso. Nei primi giorni dell’infezione la malattia può quindi essere facilmente scambiata per una semplice sindrome influenzale, con il rischio che i pazienti ignari diffondano il virus nei loro spostamenti, aiutati dall’altissima contagiosità del virus. La malattia presenta inoltre un’elevata mortalità, che per alcuni ceppi può raggiungere anche il 90%.
martedì 22 luglio 2014
Hiv, virus eliminato per la prima volta da una cellula umana
(foto: Getty Images)
Quello dell’Hiv è un virus tenace, si sa. Lo dimostra purtroppo il caso della bambina del Mississipi sottoposta a poche ore dalla nascita alla terapia con anti-retrovirali, che aveva acceso le speranze della comunità scientifica rimanendo per due anni funzionalmente libera dal virus, e che proprio di recente è invece tornata a mostrarne traccia nell’organismo. Dalla Temple University però arriva oggi una novità promettente. In uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences i ricercatori americani descrivono infatti il primo successo mai ottenuto nell’eradicare completamente il virus dell’Hiv da una cellula umana. Solo un primo passo è vero, ma fondamentale, verso una cura permanente dall’Aids.
La tecnica utilizzata dai ricercatori della Temple University sfrutta due strumenti: un frammento di Rna (chiamato gRna) capace di rintracciare il dna del virus all’interno del nucleo, e una combinazione di enzimi in grado di tagliarlo via, eliminandolo dalla cellula. Nel loro studio i ricercatori hanno utilizzato questo approccio terapeutico su diverse linee cellulari umane infettate dal virus (tra cui i linfociti T, principale bersaglio dell’Hiv), dimostrando che è in grado di eliminare definitivamente dalle cellule i 9.709 nucleotidi che formano i geni della malattia, e che i normali meccanismi di riparazione del dna permettono poi alle cellule di tornare a lavorare normalmente.
lunedì 21 luglio 2014
Il verme mutante che non si ubriaca: aiuterà a curare l'alcolismo

SI CHIAMA C. ELEGANS e nel 2002 ha vinto un Nobel per la medicina "insieme" agli scienziati Brenner, Horvitz e Sulston. C. elegans, però, è un verme. E per le sue caratteristiche è protagonista di numerose ricerche. Una delle ultime, condotta da Jon Pierce-Shinomura dell'Universita del Texas, lo ha trasformato in un verme mutante che non si intossica con l'alcol. La ricerca che ha portato a sviluppare il verme "anti-sbornia" potrebbe, secondo gli autori, aprire la strada a nuovi medicinali per l'alcolismo. L'invertebrato è stato creato inserendo un "alcol target" umano modificato al suo interno, una molecola delle cellule nervose che si lega con l'alcol. Gli scienziati hanno anche modificato un canale del potassio nelle membrane cellulari, rendendolo insensibile all'alcol e consentendogli di continuare con le sue funzioni normali nonostante i "drink".
mercoledì 6 febbraio 2013
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martedì 29 gennaio 2013
Il raggio traente è microscopico
Che i ricercatori di ogni parte del mondo stiano tentando di sviluppare un raggio traente basato sulle radiazioni luminose non è più una novità,
e il nuovo lavoro di un team di ricerca internazionale conferma la
fattibilità di questo genere di tecnologia per di più indicando le
applicazioni pratiche più adatte a sfruttarla.
Frutto del lavoro di scienziati scozzesi e della Repubblica Ceca, lo studio sperimentale in oggetto descrive la scoperta e l'applicazione di una forza elettromagnetica "negativa" in grado di influenzare particelle di piccole dimensioni, e addirittura di "scegliere" il tipo di particella su cui esercitare la forza di trazione. Se in condizioni comuni il fenomeno che si osserva più spesso è una interazione come quella del Vento Solare, ovvero l'interazione di un flusso di protoni ed elettroni generato dalla corona solare che attraversa il nostro sistema e genera ad esempio la coda delle comete (in direzione opposta al Sole stesso), in questo caso l'obiettivo è creare un meccanismo inverso.
La novità del recente studio internazionale - pubblicato su Nature - è appunto l'individuazione di un modo per "invertire" questa forza repulsiva trasformandola in un raggio traente, una forza che si comporta in maniera molto specifica in relazione alle proprietà dell'oggetto (dimensioni e composizione).
Frutto del lavoro di scienziati scozzesi e della Repubblica Ceca, lo studio sperimentale in oggetto descrive la scoperta e l'applicazione di una forza elettromagnetica "negativa" in grado di influenzare particelle di piccole dimensioni, e addirittura di "scegliere" il tipo di particella su cui esercitare la forza di trazione. Se in condizioni comuni il fenomeno che si osserva più spesso è una interazione come quella del Vento Solare, ovvero l'interazione di un flusso di protoni ed elettroni generato dalla corona solare che attraversa il nostro sistema e genera ad esempio la coda delle comete (in direzione opposta al Sole stesso), in questo caso l'obiettivo è creare un meccanismo inverso.
La novità del recente studio internazionale - pubblicato su Nature - è appunto l'individuazione di un modo per "invertire" questa forza repulsiva trasformandola in un raggio traente, una forza che si comporta in maniera molto specifica in relazione alle proprietà dell'oggetto (dimensioni e composizione).
lunedì 28 gennaio 2013
Un laboratorio per la gravità quantistica
E se per illuminare quell’inquietante 96 percento d’universo oscuro che tanto imbarazza gli astrofisici fossero sufficienti un piccolo pianetino, Eris, e la sua minuscola luna Disnomia? L’ipotesi, pubblicata online su Astrophysics and Space Science nel novembre scorso, è di quelle da prendere con guanti e molle insieme. Ma è talmente affascinante che vale la pena ripercorrerne le tappe. A partire dal vuoto.
Nel ribollio del nulla
Il vuoto, stando alla fisica quantistica, tanto vuoto non sarebbe. Una fra le metafore alle quali spesso ricorrono gli scienziati per descriverlo è infatti quella della zuppa: un gorgoglìo incessante di particelle virtuali – coppie di materia e antimateria – che emergono dal nulla per poi annichilarsi a vicenda in un intervallo di tempo infinitesimale. Talmente breve da rendere la loro esistenza, per l’appunto, virtuale.Virtuale fino a un certo punto, sostengono però alcuni. Secondo Dragan Hajdukovic, un fisico montenegrino che collabora con il CERN, queste particelle evanescenti potrebbero esibire – nel corso della loro inafferrabile esistenza – cariche gravitazionali opposte: attrattiva e repulsiva, dunque, un po’ come avviene per le cariche elettriche, che possono essere positive o negative.
Addio all’universo oscuro?
Ma Dragan Hajdukovic si spinge oltre. Secondo la sua teoria, in presenza di un campo gravitazionale queste particelle virtuali darebbero origine a un campo ulteriore: un secondo campo gravitazionale, forse in grado di rendere conto, per esempio, della discrepanza fra la massa della materia ordinaria delle galassie e la loro curva di rotazione.sabato 26 gennaio 2013
Giappone, occhiali contro il riconoscimento facciale
Un'invenzione per tentare di proteggersi dall'invasione della privacy: è la proposta del professor Isao Echizen, docente presso l'Istituto Nazionale di Informatica di Tokyo, che ha costruito un paio di occhiali in grado di impedire l'azione delle tecnologie per il riconoscimento facciale.
Si chiama Privacy Visor l'apparecchio da indossare sul volto capace di emettere a mezzo LED radiazioni nello spettro dell'infrarosso vicino utile a impedire le funzioni dei software predisposti al riconoscimento facciale, un controllo al quale sempre più cittadini sono sottoposti in diverse circostanze.
Secondo Echizen, gli occhiali sono la risposta a ciò che egli stesso definisce "l'invasione della privacy causata da fotografie scattate di nascosto". Si tratta, dunque, di un ostacolo posto nei confronti di tutte quelle tecnologie che consentono il rastrellamento dei dati biometrici.
"LA CHEMIO PUÒ PEGGIORARE IL CANCRO": LO STUDIO CHOC DEGLI SCIENZIATI USA
Dopo decenni di utilizzo della chemioterapia per sconfiggere le cellule tumorali, uno studio del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle potrebbe segnare la svolta per sperimentare definitivamente cure alternative. Secondo quanto riportato sulla rivista Nature, la chemioterapia potrebbe stimolare nelle cellule sane attorno a quelle tumorali la secrezione di una proteina che renderebbe immune in tumore ai trattamenti medici.
sabato 19 gennaio 2013
Un laser per vedere nel torbido
Latte, fumo, nebbia, sangue sono tutti colloidi, cioè miscele in cui una sostanza di dimensioni microscopiche è dispersa in un’altra: ad esempio, nel latte, molecole proteiche disperse in acqua. Tutti i colloidi sono torbidi, cioè non trasparenti alla luce. Questo impedisce di poter vedere attraverso tali miscele con le tradizionali tecniche ottiche come il microscopio, limitando la possibilità di studiare diversi fenomeni come la microfluidica o la biologia marina.
Ricercatori dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ino-Cnr) di Napoli, guidati da Pietro Ferraro, hanno avviato una ricerca su una tecnica ottica che permette di vedere anche attraverso fluidi torbidi grazie all’utilizzo del laser.
“Il metodo ideato permette, tramite una tecnica ottica di tipo interferometrico che fa uso del laser, di vedere oggetti che si trovano in mezzi torbidi, anche di dimensioni microscopiche”, spiega Melania Paturzo, ricercatrice Ino-Cnr. “I campi di applicazione vanno dalla microfluidica per la medicina, alla scansione dei fondali marini, alla visione di oggetti avvolti da nebbia o fumo e quindi la tecnica proposta può avere ricadute anche nel campo della sicurezza”.
lunedì 14 gennaio 2013
I ricercatori trentini «incastrano» gli atomi di sodio
Al centro BEC di Povo per la prima volta in Italia è stato prodotto un condensato di Bose Einstein da vapori atomici di sodio. Dallo studio dei gas ultrafreddi un aiuto fondamentale anche per realizzare i futuri computer quantistici.
Trento, 12 gennaio 2013 - (e.b.) Per la prima volta in Italia un gruppo di ricercatori ha realizzato un condensato di Bose Einstein partendo da atomi di sodio.È accaduto nel laboratorio Gas Ultrafreddi che fa parte del centro BEC - Bose Einstein Condensation (CNR e Università di Trento) e ha sede a Povo, nel Dipartimento di Fisica dell'Università di Trento. I ricercatori hanno scelto gli atomi di sodio per le loro proprietà favorevoli (un'ottima capacità refrigerante e stabilità chimica). Il risultato riportato dal team trentino si colloca in un settore di punta della ricerca: il campo dei gas ultrafreddi che ha subito una forte accelerazione a partire dal 1995, quando la condensazione di Bose-Einstein in vapori atomici venne osservata per la prima volta. Gli sviluppi di temi legati a questo campo - come il raffreddamento laser di gas, l'ottica quantistica e la spettroscopia ad altissima risoluzione - negli ultimi anni hanno portato all'assegnazione di ben 10 premi Nobel.
Gabriele Ferrari del centro Bose Einstein Condensation spiega come sia stato prodotto il condensato di Bose Einstein di atomi di sodio nel laboratorio di Povo:
sabato 5 gennaio 2013
FISICA: OTTENUTA UNA TEMPERATURA ASSOLUTA NEGATIVA
"Ottenuta temperatura assoluta inferiore allo zero assoluto", titolano oggi fonti come l'agenzia ANSA e diversi quotidiani nazionali.
In realtà certi sistemi semi-isolati possono raggiungere temperature negative che tuttavia non sono propriamente più fredde dello zero assoluto.
Simon Braun e colleghi della Ludwig-Maximilians-Universitat Munchen, Germania, hanno ottenuto una temperatura negativa assoluta spostando alcuni atomi di un gas ultrafreddo in sistemi di spin localizzati .
Rappresentazione artistica di distribuzioni termiche:
per temperature positive (sfere blu) la maggior parte degli atomi
occupano stati di bassa energia e solo pochi atomi hanno alte energie.
Per temperature negative (sfere rosse), la distribuzione è invertita
e la maggior parte degli atomi occupano stati ad alta energia.
L'asse verticale rappresenta l'energia.
In realtà certi sistemi semi-isolati possono raggiungere temperature negative che tuttavia non sono propriamente più fredde dello zero assoluto.
Possono essere pensati come sistemi con temperatura più grande dell'infinito.
Lo zero assoluto è la temperatura più bassa che teoricamente si possa
ottenere in qualsiasi sistema macroscopico, e corrisponde a 0 K
(–273,15 °C).
(–273,15 °C).
sabato 22 dicembre 2012
ESA EURONEWS: VOLARE IN ASSENZA DI PESO
In questo video dell'ESA viviamo l'esperienza del volo parabolico, ossia in assenza di peso.
Un normale aereo di linea opportunamente modificato segue una curva a campana, in volo all'interno dell'atmosfera. Nel punto massimo della curva parabolica si comincia a fluttuare in assenza di peso, come se si fosse nello spazio. Un gruppo di ricercatori, francesi e tedeschi, hanno preso il volo dall'aeroporto di Bordeaux a bordo di un Airbus 300 "Zero G" della società Novespace.
Tra gli scienziati decollati da Bordeaux, quelli dell'università dello sport di Colonia, desiderosi di studiare il funzionamento del cervello, per capire se la redistribuzione del volume del sangue possa avere un impatto negativo sull'attività della corteccia cerebrale.
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martedì 18 dicembre 2012
Pubblicato studio dell'Università di Parma su sviluppo di metalloproteine artificiali
Rappresentazione del metallopeptide de novo progettato
La ricerca del gruppo del dott. Tegoni permetterà di realizzare catalizzatori in grado di promuovere reazioni che non avvengono in natura, interessanti al fine di sviluppare nuove strategie di sintesi per composti di interesse biofarmaceutico o nano tecnologico
Le metalloproteine promuovono i più importanti e complessi processi biomolecolari che avvengono in natura. Lo studio del meccanismo di reazione nei siti delle metalloproteine è spesso complicato da diversi aspetti strutturali e spettroscopici (incluse le loro dimensioni), che rendono difficile studiare con successo i siti dove avvengono le reazioni. I metallopeptidi de novo progettati rappresentano un approccio affascinante ed alternativo allo studio delle proteine naturali: essi permettono infatti di ottenere siti metallici all’interno di un costrutto proteico semplificato, nel quale buona parte della struttura proteica è idealmente rimossa mantenendo tuttavia inalterate struttura e reattività del sito attivo.
Lo studio riportato nell’articolo mostra come sia possibile realizzare nuove metalloproteine artificiali (ArtZymes, “Artificial Enzymes”) quali modelli di quelle naturali mediante progettazione e sintesi de novo di metallopeptidi. In particolare questo approccio permetterà di realizzare catalizzatori in grado di promuovere reazioni che non avvengono in natura, e che sono tuttavia interessanti al fine di sviluppare nuove strategie di sintesi per composti di interesse biofarmaceutico o nanotecnologico. In questo senso, la progettazione de novo di metallopeptidi permetterà di costruire nuovi dispositivi nanobiotecnologici con un approccio strettamente biomimetico.
venerdì 14 dicembre 2012
Kenshiro, l'umanoide quasi umano
Un robot capace di riproporre una struttura scheletrica e muscolare molto simile a quella umana: si tratta di un progetto presentato dai ricercatori dell'Università di Tokyo alla conferenza Humanoids, che si è svolta di recente a Osaka.
L'umanoide, chiamato Kenshiro, è il risultato di una serie di esperimenti precedenti volti a creare corpi robotici mediante la ricostruzione dell'anatomia umana, quindi scheletro e muscoli, in grado di fornire la stessa capacità di movimento propria degli uomini. Kenshiro utilizza, infatti, alcuni dei muscoli artificiali più avanzati mai sviluppati per muoversi e camminare in una maniera sorprendentemente simile all'essere umano.
Il robot presenta un'altezza di circa 1,50 metri e un peso pari a 50 chilogrammi, misure che derivano dalla presenza di 160 diversi tipi di massa muscolare: 50 nelle gambe, 76 nel tronco, 12 nelle spalle e 22 nel collo. Un notevole passo in avanti se si pensa che uno dei predecessori di Kenshiro, Kenzoh, pesava 100kg.
L'umanoide, chiamato Kenshiro, è il risultato di una serie di esperimenti precedenti volti a creare corpi robotici mediante la ricostruzione dell'anatomia umana, quindi scheletro e muscoli, in grado di fornire la stessa capacità di movimento propria degli uomini. Kenshiro utilizza, infatti, alcuni dei muscoli artificiali più avanzati mai sviluppati per muoversi e camminare in una maniera sorprendentemente simile all'essere umano.
Il robot presenta un'altezza di circa 1,50 metri e un peso pari a 50 chilogrammi, misure che derivano dalla presenza di 160 diversi tipi di massa muscolare: 50 nelle gambe, 76 nel tronco, 12 nelle spalle e 22 nel collo. Un notevole passo in avanti se si pensa che uno dei predecessori di Kenshiro, Kenzoh, pesava 100kg.
mercoledì 12 dicembre 2012
Nanoparticelle a caccia di proteine sulla superficie dei batteri
In uno studio multidisciplinare, è stata messa a punto una nuova tecnologia per la cattura e l’identificazione di proteine esposte sulla superficie delle cellule batteriche.
Le proteine esposte sulla superficie delle cellule batteriche sono le prime ad essere viste dal sistema immunitario. Inoltre giocano un ruolo chiave nel processo di infezione, nella virulenza ed in generale nella fisiologia batterica. Una loro accurata identificazione permette di accelerare lo sviluppo di nuovi antibiotici e di vaccini atti a contrastare le infezioni batteriche.
Questa procedura messa a punto nello studio appena pubblicato su PlosOne fa uso di nanoparticelle magnetiche derivatizzate capaci di stabilire legami covalenti con le proteine. Una volta che si adagiano sulla superifice di cellule intere, le nanoparticelle “catturano” covalentemente proteine adiacenti che vengono poi identificate mediante tecniche di spettrometria di massa. In un test comparativo, questa tecnica si è rivelata più efficiente ed accurata nell’identificare nuove proteine di superficie rispetto a procedure precedenti.
martedì 11 dicembre 2012
IBM, la nanofotonica entra in fabbrica
Dopo aver completato il suo kit di nanofotonica, IBM dice ora di aver compiuto un altro passo fondamentale per l'adozione della rivoluzionaria tecnologia, che usa i segnali luminosi per trasmettere dati fra apparati elettronici, nei moderni processi produttivi per transistor e chip al silicio.
Il nuovo avanzamento tecnologico, dice Big Blue, "permette l'integrazione di componenti ottici differenti accanto ai circuiti elettrici su un singolo chip di silicio - per la prima volta in una produzione standard di semiconduttori a 90 nanometri".
IBM spiega di aver trovato il modo non solo di dimostrare la fattibilità dei componenti ibridi elettico-fotonici, ma anche di integrare tutta una serie di componenti accessori tesi a facilitare, velocizzare e ottimizzare l'utilizzo dei segnali ottici come mezzo di comunicazione e trasferimento di dati in formato digitale.
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